«Tu non puoi essere buono» mi dissero, quando avevo appena 6/7, perché quella «storia lì», il mio essere non credente – e, soprattutto, non battezzato – ostava alla naturale bontà che un uomo, ancora nell'età dell'innocenza, ha per «grazia ricevuta». Tacciato di malvagio prima di scegliere la mia strada nel mondo, ho incontrato molte persone buone, che non mi hanno – ahimé – redento. Non valse la domanda, titubante, di chi mi chiese preoccupato: «ma tu a chi chiedi aiuto, quando stai male?», né la sicurezza di chi riteneva mi avrebbe convertito, né chi mi considerava un estremista perché dichiaravo e ad alta voce le mie idee (così pericolose, in quanto figlie dell'Illuminismo).
Un sovversivo e della peggior specie, spesso respinto – e giustamente – dai buoni.
Certo, anche io ci mettevo del mio. A un prete, in seconda media, dissi che era un misogino, solo perché costui diceva che le donne dovevano stare a casa, senza lavorare, per badare i figli; a un altro dissi che la sua elemosina era del tutto inutile, perché ad personam, mentre io sognavo – e sogno – una solidarietà umana generalizzata, per cui la società si tassa per aiutare chi sta male, per aiutare tutti, senza distinzione di razza, cultura, genere, aspirazioni e orientamenti sessuali.
Un socialista ateo, una belva che «non può essere buona».
Del resto, chi non mantiene la parola data? Chi non giura sul trascendente, chi non si affida all'assoluto, ma promette solo sulle sue forze: egli non sa cosa significhi giurare, perché non può chiedere a un dio d'essere sciolto dalla parola data, come Lucia nel Promessi Sposi, facendo così il contrario di quanto precedentemente affermato.
Un ateo miscredente, infatti, non sa cosa vuol dire veramente giurare.
E, così, ho passato la vita un po' da reietto, dovendo chiedere scusa, se dicevo che dio per me era una favola inventata dagli antichi; subendo i giusti rimproveri di chi mi ricordava che non ero una persona profonda, sensibile e, soprattutto, buona.
Perché una persona cattiva non può essere vera.
Pazienza che anche una persona cattiva abbia anche lei le sue aspirazioni, come l'amicizia, l'amore, la passione e la speranza. Già, pazienza. Quella che un uomo cattivo deve avere, quando sente un prete che dice che l'aborto è un abominio, perché ha sottratto intelligenze italiane al paese e ha dato spazio a stranieri che non contribuiscono alla ricchezza collettiva; pazienza per «le donne dei musulmani che sono tutte serve»; pazienza per «solo chi giura in dio sa veramente cosa significhi fare una famiglia»; pazienza per «ci sono addirittura bimbi con due papà» o con genitori «che si lasciano, senza capire il valore sacrale del per sempre»; pazienza per «la fecondazione in vitro non è un atto d'amore»; pazienza per chi inneggia ai metodi naturali, perché solo così ci si ama sul serio, accarezzandosi senza qualcosa che si frappone.
Perché una carezza data su una spalla coperta da una maglia non è una vera carezza.
Già, perché chi è cattivo, se vuole provare a fingere d'essere buono, deve fare come se fosse un credente. E deve accogliere la Verità, per essere quanto meno sopportato.
Perché una persona cattiva non ha diritto di parola.
E non importa se un ateo crede che l'unico vero vincolo che ci astiene dal male è l'Umanità, quel senso di rispetto per le altre formichine che porta a difenderci assieme dalla Natura Maligna, come suggerisce Leopardi nella Ginestra. Non importa se io abbia tanta voglia di accogliere, ma sia stato troppo spesso respinto.
Sono ateo e, quindi, sono cattivo, come Rosso Malpelo.
Certo, come lui, non accoglierò la mia ‘Rannocchietta’, perché non ne sono capace, essendo senza dio e privo di anima: ma lei – e tutte le persone che provo ad amare pur non riuscendoci – difenderò finché ne avrò le forze. Lasciando loro uno spazio considerevole fra le mie connessioni neuronali.
Già, perché un captivus diaboli non può avere un cuore.
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