Χαίρετε, φίλοι!

lunedì 20 giugno 2016

Il Fanculismo e il Dopoevo d'Europa

Il vantaggio di scrivere su un blog che nessuno legge è la possibilità d'avvalersi della piena parresia, ossia la libertà di parola che, su facebook o altrove, è gioco-forza negata. Dopo i risultati di questa notte, preceduti da un anno o più di discussioni sulla polis che mi paiono sempre più agghiaccianti, sento un bisogno atavico di esprimere, nero su bianco, tutto il mio pensiero.

‘Fanculismo’, a mio modo di vedere, è l'etichetta più adeguata al modo di parlare della ‘cosa pubblica’ che attanaglia non solo l'Italia ma tutto il mondo occidentale. A quel paese, secondo la celebre canzonetta di Sordi, si manda tutto, le istituzioni, la scuola, lo stato, gli altri, il sapere, la cultura, il lavoro, i partiti, il coniuge e, a volte, anche i figli. ‘Fanculo tutti’, parafrasando un coro da stadio che sentii anni fa a Roma: «odio tutti alé, odio tutti alé». Una rottura totale del contratto sociale, dove il rispetto dell'altro viene costantemente meno, con tanta pace delle tanto amate origini cristiane d'Europa o, più alla lontana, dell'humanitas e la philanthropia tanto care alle culture romane e greche.

Donde deriva questa crisi che richiama – per certi versi – il Medioevo, a causa della messa in discussione di tutti i principî su cui la cultura europee si è fondata dall'Umanesimo in poi? Le ragioni, credo, sono tanto culturali che economiche, come sempre. Due sono le tappe che hanno condotto a questo momento. La rivoluzione industriale e il fordismo hanno dato a tutti, in Occidente, la possibilità non solo di vivere dignitosamente, ma di avere un surplus economico tale da concedere loro di poter perdere tempo come più gli piaceva: non è un caso che il '900 sia il secolo dello sport, degli stadi pieni, dei grandi concerti, dei parchi pubblici stracolmi. Gente che non aveva mai avuto nulla si è goduta una libertà mai avuta, senza poi chiedere troppo alla classe dirigente: era il benessere materiale già sufficiente. Lo sviluppo economico e produttivo ha poi condotto – quasi naturalmente – alla necessità di incrementare il tasso culturale medio, donde si è proceduto alla democratizzazione della scuola, ancora legata a un mondo in cui solo il 10% sella popolazione studiava. È stato così che, dagli anni '80 in poi, chi voleva poteva avere non solo un diploma di scuola superiore, ma anche una laurea: il sogno dei poveracci degli anni '70. Gli anni '80, però, hanno conosciuto anche la rivoluzione informatica, che ha cambiato radicalmente il modo in cui la produzione si esplica: il computer consente di produrre di più con meno operai, liberando il lavoratore dalla necessità di passare ore e ore in fabbrica. Non solo, sempre più tale nuovo sistema ha permesso di eliminare il lavoro del tutto, per cui ha eliminato anche il lavoratore.

Il fatto, di per sé, non sarebbe negativo. Una classe dirigente sana avrebbe dovuto vedere il pericolo dal suo sorgere e democratizzare la scuola, dando a tutti la stessa istruzione offerta nell'Ottocento a pochi. Un'ottima istruzione, senza dubbio, che ha dato ottimi frutti. Avrebbe poi dovuto pensare a come redistribuire la ricchezza in modo equo, facendo lavorare poi chi era stato espulso da ciclo produttivo nei servizi, valendosi così dell'accrescimento culturale della popolazione: per assistere gli anziani, i disabili, per creare una buona istruzione, per fare ricerca, per rendere esteticamente belle le città ci vogliono competenze e intelligenze. Si sarebbe dovuto porre la questione di come tassare la produzione, forse con l'iva, forse la creazione di infrastrutture che impediscano la fuga delle aziende all'estero, forse con altri mezzi: chissà!

La realtà è ben diversa. La scuola ottocentesca è stata smantellata, e non solo in Italia. Era più facile, meno costoso e rendeva gli elettori più felici: perché negare un diploma a una ‘capra’ oppure una laurea, ché ciò lo renderà felice. Il risultato, però, è dei più pericolosi: si sono create generazioni di persone che si credono intellettuali e, invece, sono ‘capre’ o, meglio, quasi analfabeti. Che leggono un post su facebook e che credono di essere informati; che leggono un libro economico del primo cretino di turno – le case editrici non fanno filtro culturale ma economico: del resto, Berlusconi è un editore – e si atteggiano da economisti. Insomma, si è fatta la democrazia, ma senza i mezzi con cui essa si possa alimentare: la competenza, il sapere, l'onestà intellettuale. Quante persone abbiamo sentito, del resto, dire che la scuola non serve a nulla? E non perché si esce dai licei senza conoscere la matematica, il latino, il greco, l'italiano, la fisica, la biologia, la chimica, l'inglese, l'arte, etc., ma perché queste materie sono considerate inutili. Si è creato addirittura il liceo sportivo e mi aspetto, fra un po', quelli sessuale, ‘praticamente’ più utile di una bella espressione di secondo grado!

Da qui, a mio avviso, nasce il Fanculismo. Dato il ‘liberi tutti’ offerto dalla scuola democratica, oggi nessuno vuole più seguire le classi dirigenti. Pour cause, ché la qualità umana e culturale di tali dirigenti è quel che è, figlia di un mondo che, per molto tempo, ha lasciato la politica agli inetti e agli scioperati che non sanno fare nulla nella loro vita. C'è poi un fatto, come dice Omero nel I libro dell'Odissea: gli uomini vogliono sempre sentire un canto nuovo; per cui, quando si arriva alle elezioni, si sceglie sempre il candidato diverso, perché il vecchio ha scocciato, un po' come quando si cambia un iphone 6 con un 6s. Ha scocciato perché ha fallito: ovvio, se prometti che una città o un paese in 4/5 anni diverrà il Paese del Bengodi. E perché la sparano sempre più alta i candidati? Perché se non prometti il Bengodi, beh, perdi, dato che hai creato un popolo indipendente ma composto da ‘capre’. Immaginate, a tal proposito, un branco di pecore geneticamente modificato che non ubbidisce più al cane pastore, un cane che è oltretutto pigro, scemo o pensa agli affari suoi: non avrete più un gregge ordinato, ma un caos ingestibile.

Come si esce da questa situazione? Ecco, su questo sono pessimista. Questa generazione – la mia – non crede nella scuola e nella istruzione di qualità, quindi fa studiare poco i figli, a cui si prescrive tanto sport e tante attività collaterali. Non c'è più la sana etica del lavoro, quella che rende ‘puritanemante’ saggi e può far valutare la situazione presente – sempre più complessa (la globalizzazione non è uno scherzo!) – con criteri di giudizio adeguati. La classe dirigente arranca, anche perché, se fosse decente, non potrebbe più invertire la rotta, ché sarebbe non più eletta. In tutto questo, si vedono scelte strategiche pericolose: la sventolata energia verde e agricoltura bio, uno pseudo-socialismo reale in cui lo Stato aiuta tutti i cittadini (si pensi al salario di cittadinanza). Cose che non supportano lo sviluppo economico e creano fame e disperazione fuori dai confini europei: del resto, la volontà di chiudere le frontiere agli immigrati non è fuori da questo schema, perché il radical-chic delle chimere ha poi paura di chi muore di fame e viene qui con usi e costumi potenzialmente asociali.

Crisi economica, culturale e politica: a pensarci bene, viene subito in mente la Roma del III e IV secolo d.C., quando i governi si facevano e disfacevano in pochi mesi, con gli stranieri alle porte, crisi demografica ed economica, particolarismi di massa, il tutto rassicurato dall'illusione che la civiltà romana non sarebbe mai caduta, ché essa era ormai nelle cose come l'acqua nel vino (ops, anche quello si è perso!). 

La storia, purtroppo, andò in un altro senso e, appena un paio di secoli dopo, gli architetti non sapevano più fare neanche un arco. Figuriamoci una cupola.

Insomma, speriamo che il Fanculismo non ci porti a un nuovo Medioevo, un Postevo che non vorrei mai consegnare ai miei figli.

Nessun commento:

Posta un commento