La litania del “chi non ha votato
è uno a cui non importa nulla” è francamente fastidiosa.
Per chi, come me, ha sempre
votato e, questa volta, non l’ha fatto per ragioni che ritengo essere forti non
è solo fastidioso ma quasi offensivo: nei referendum, del resto, il non voto è
costituzionalmente ammesso, come ha ricordato il Presidente Emerito: è un
diritto sacro santo dell’elettore non andare a votare
Detto questo, il referendum aveva
tre motivazioni che io non condivido.
1) Quella maggioritaria, che
vuole osteggiare le fonti fossili per passare alle rinnovabili. Una opzione, a
tutt’oggi, illusoria e che può essere anche pericolosa, per l’economia e l’ecologia.
La redditività dell’eolico, del solare, etc. è assai minore che quella del
nucleare e delle fonti fossili, quelle cioè che consentono di muovere le
fabbriche, i treni, ovvero l’industria. Un conto è mettere pannelli solari (per
la cui produzione si usa tanta, troppa energia) su tutte le case, un conto è
pensare di muovere Mirafiori con il solare. C’è poi il problema dell’impatto
ambientale: riempire campi oggi adibiti a grano, frutta, boschi, prati, etc. di
pannelli solari è esteticamente brutto e anti-ecologico. Vi è poi la questione
che del NOismo: no al nucleare, no alla TAV, no alle trivelle, no all’Ilva, no alle
discariche, no alla carne, no al cibo prodotto in modo industriale e via
discorrendo. Sono spesso questi “no” senza senso, dettati da un conservatorismo
che trasforma la così detta “Sinistra radicale” nella destra più retrograda e
anti-modernista dall’epoca della Vandea. Sono “no” sbagliati: eticamente,
perché i treni uniscono, perché il cibo industriale salva o potrà salvare
milioni di persone dalla fame; economicamente, perché per fare gli insegnati, i
ricercatori, gli avvocati, gli impiegati, i medici, gli artisti, i ballerini,
ci vuole un paese che produce ricchezza e che si possa permettere tali nobili e
bellissimi mestieri. E, in questo senso, il reiterato “no” al nucleare è una
ferita che ancora scontiamo, soprattutto perché l’Italia vive di energia
nucleare venduta da Francia e Svizzera e perché centrali nucleari sono state
convertite in centrali a carbone, assai più inquinanti.
2) Vi è poi chi ce l’ha con
Renzi: ad esempio gli insegnanti, inviperiti per il concorso, inviperiti per l’Invalsi,
inviperiti per tutto (parlo di loro, perché di loro leggo su Facebook più di
sovente). È un lobbista, un populista, uno che governa con Alfano, un faccione,
etc. Vero, tutto vero. Ma, poi, mi chiedo perché non abbiate fatto lo stesso
pandemonio con il “facciamoci una banca” della vecchia dirigenza PD, perché non
siate irritati dal sistema dirigista delle Coop rosse, perché non osteggiate i
Bersani che alla generazione dei trentenni diceva di attendere e fare la
gavetta, di ascoltare gli anziani: una idea di socialismo né pre-sessantotto né
ante-guerra, ma prossima al 1848. Del resto, il PD ha perso le ultime elezioni
con Bersani: preferivate Grillo al governo, che è anti-europeista, anti-euro,
anti-immigrati? Se la pensate così, beh, ve lo dico con franchezza: non ditevi
di sinistra. Non è un male esser di destra, semplicemente è opportuno chiamare
le cose con il loro nome. Tornando a Renzi. Le lobbies ci sono sempre, miei
cari, il problema è come ci si rapporta loro. E, poi, mi piacerebbe che la
gente riflettesse su un fatto: è o non è l’interesse superiore del paese più
importante di quello di un comune o di una regione? Con questa cosa del
federalismo becero il Passante di Valico o l’alta velocità sono costati 5 volte
in più che le corrispettive opere – ad esempio – in Spagna: per fare un metro
di alta velocità, bisogna ricompensare un comune che ha spostato un cimitero o
una masseria con milioni di euro, sempre che tali enti locali non blocchino l’opera.
È questo un modo di operare indecente. Poi, mi vien da pensare a Roma, la mia
amata città: mafia capitale, che è nata con Alemanno, non è stata sfruttata dal
PD di Renzi, perché Marino (che sia innocente o meno poco importa) è stato
eletto prima che Renzi diventasse segretario. Al limite, è colpevole il PD dei
Cuperlo. Su Renzi come persona e politico, bisogna ammettere che, nonostante il
suo populismo che a me (fighetto pseudo-intellettuale) non piace, qualcosa egli
ha fatto: la legge sulle unioni civili; un concorso della scuola che farà anche
schifo, ma che impone il principio secondo cui, per avere un posto pubblico, te
lo devi meritare; un incremento degli occupati; una legge elettorale che è da
sempre stata nel programma del PD, dei DS e del PDS, ossia il doppio turno.
Poco, direte, ma sempre meglio dei governi del passato (fatto salvo il mio
amatissimo Prodi, che ci ha portato nell’Euro salvandoci dal disastro economico
e che ci ha consentito di avere una ricchezza comparabile a quella di un
Tedesco).
3) Ci sono questioni economiche,
ossia relative alle royalties e al fatto che le multinazionali del petrolio
vengono lasciate libere di abbandonare le piattaforme ormai non più produttive.
E io mi chiedo: è ostacolando gli investimenti nel settore che si migliora la
situazione? Il vero problema, però, è il rapporto con le multinazionali, oggi
tanto difficile: esse lavorano in un posto e pagano le tasse dove pare a loro.
E non è l’insipienza dei governi, ma è il fatto che gli Stati hanno bisogno
degli investimenti privati per sfruttare alcune potenzialità (come le risorse
fossili) e cercano di mettersi d’accordo con potenze economiche che sono più
forti di loro. La soluzione ci sarebbe: gli Stati Uniti di Europa, che
potrebbero imporre – ad esempio – alla FIAT di non pagare le tasse nel paese
comunitario che più gli fa comodo, ma dove evidentemente la multinazionale fa
profitti. Lo stesso vale non solo per i petrolieri, ma per l’Apple, Amazon,
Nestlè, etc. Uno stato piccolo (e 60 milioni di abitanti, oggi, sono pochi) non
ha la forza di trattare con le lobbies e le grandi potenze economiche,
semplicemente perché tali multinazionali possono operare nel paese vicino.
Detto tutto questo, mi sia permesso
dire a Emiliano, il quale ieri sera ha usato toni indegni di un socialista,
quanto segue: se hanno votato 14 milioni di rispettabilissimi cittadini (di cui
oltre due milione contrari al referendum), non è vero che solo questi 14
milioni si sono informati. Ci sono 33 milioni di persone – la stragrande
maggioranza – che hanno scelto di non andare a votare un referendum ritenuto da
loro pretestuoso e sbagliato. Se l’opinione di chi è andato a votare ha dignità
– e ci mancherebbe! – è doveroso rispettare anche chi non la pensa come quel
31%.
È questo, del resto, il sale
della Democrazia.
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