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lunedì 17 giugno 2013

Ultimo giorno di scuola

Forse oggi io so perché al mio maestro vennero gli occhi lucidi, quando, aprendo la seconda pagina della mia opera decennale, lesse τῷ διδασκάλῳ. I suoi occhi lucidi significavano tante cose, certo, ma soprattutto l'orgoglio di un insegnante che ha condotto il suo allievo alla fine di un ciclo, che vede riconosciuto il proprio sforzo e il proprio impegno.

Già, perché vi è sempre un ultimo giorno di scuola, per tutti coloro che hanno una funzione educativa. E chi è stato solo studente non può capire: le notti in cui ti svegli, perché il giorno dopo dovrai interrogare e temi che l'allievo andrà male; le sere di angoscia, perché una mezza frase di un giovane di ha aperto lo sguardo su una situazione di sofferenza, di dolore; le mattine a pensare cosa possa essere meglio per i tuoi ragazzi, cosa li farà crescere, come diverranno adulti. E, quando con la penna rossa verghi i loro compiti, ti chiedi se essi percepiranno mai quanto affetto effondono quei segni, da loro tanto temuti.

Non si smette mai di essere insegnati per coloro di cui sei stato maestro.

Così, quando un tuo allievo ti dice che, se sta crescendo, in parte è anche merito tuo, gli occhi divengono lucidi, come lo furono quelli del tuo maestro in quel lontano gennaio di più di un anno fa: e l'omega, finalmente, raggiunge l'alpha, per ricominciare il fatale ciclo della vita.

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