Χαίρετε, φίλοι!

martedì 15 novembre 2011

πεδήπομεν

«Ricordati quanto avevamo cura di te», così parla Saffo a una sua amica in partenza, assicurandole l'affetto suo e del suo pubblico. È una bella sensazione quella di una persona che ti segue, che ti sta dietro e, in definitiva, si preoccupa per te. A volte, quando dai tutto per scontato, ti dà quasi fastidio questa attenzione. Come quando ti dissero che te la saresti cavata comunque, magari non facendo il mestiere che hai sempre sognato, anche perché la vita vera era ed è un'altra che il bieco lavoro. Sì, può dar fastidio che qualcuno si preoccupi per te, perché ciò limita la libertà, la libertà di sbagliarsi senza se e senza ma. Se questa libertà viene riconquistata, però, l'antica servitù manca, come mancano le persone: c'è un profondo vuoto nel sentire che non esiste più chi si prendeva cura di te, che a questa persona la tua esistenza non interessa più. E ti sembra – ed è così – che tutto sia finito, che nulla abbia più valore.

Poi, ti ritrovi a discutere animatamente in una strada isolata e buia, al freddo, perché hai scoperto che ti piace tantissimo andare in bici ascoltando la musica. E c'è chi si preoccupa di ciò. E senti che qualcuno finalmente si prende cura di te, ti pone limiti, soffre per la tua salute e le tue insensatezze. E per quanto ciò ti dia tanta rabbia, senti il calore di questa servitù. E ti senti, almeno, un po' più felice.

2 commenti:

  1. non è mai schiavitù una persona che tiene a noi, se si comprende che i limiti non sono recinti, ma mura di una casa, non argini di contenimento, ma luogo sicuro ove far riparo. La porta d'uscita è sempre aperta, se la casa per noi diventa troppo stretta. Quanto al lavoro, no, non è la vita vera, ma solo un mezzo per viverla. Si spera nella maniera migliore possibile.

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  2. Del resto, la φιλότης può essere vincolata al giuramento e una delle possibili etimologie di ὅρκος è ἕρκος, cioè recinto. E il recinto può essere una gabbia, ma anche un bel rifugio dai lupi affamati...

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