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martedì 29 aprile 2014

Il mio (orribile) 2013 e i mali della scuola italiana

Il 2013, o meglio il suo inizio, è stato uno dei periodi più orrendi della mia vita, coinciso con quell'abominio del T.F.A. e, soprattutto, di chi chi l'ha frequentato.

Si parla spesso, a proposito della scuola, di riforme: mutare la struttura dei cicli, cambiare le materie, privilegiarne alcune (quelle scientifiche contro quelle umanistiche), riformare l'esame di maturità, studiare il Novecento durante l'ultimo anno (di cui, per inciso, si comincia ad augurare la soppressione), etc. Quando si parla di scuola, ma anche di Università, il centro è spesso la struttura, l'ossatura. Lo stesso dicasi per il reclutamento degli insegnanti: corso abilitante di uno o di due anni, laurea specialistica abilitante (sic!), concorso, graduatorie, etc.

Manca, invece, una profonda riflessione sui contenuti. Diciamolo: in presenza di ottimi e severi insegnati, la scuola italiana non è poi così male, almeno per quanto concerne i Licei Classici e Scientifici (degli altri tipi di curricula sono meno conscio, nonostante una mia recente e pessima esperienza). Se uno studente ha fatto bene un percorso classico o scientifico, con insegnanti che seguono pedissequamente le Indicazioni Nazionali, uscirà dall'esame di stato con una formazione umanistica di tutto rispetto (basta vedere, in alcuni casi, la buona qualità dei testi scolastici, di cui non si dovrebbe lamentare poi così tanto il prezzo) e con un impianto scientifico decente per il curriculum classico (le sperimentazioni hanno migliorato l'impronta vetero-gesuitica del Liceo di Gentili), mentre per il curriculum scientifico lo studente avrà addirittura avuto accesso a nozioni e concetti che verranno ripresi nel primo anno degli studi universitari.

No, la struttura della scuola italiana non è il male. Io, che non ho girato poco in Europa e non solo, ho visto come gli Italiani eccellono: certo, non gli Italiani tout court, ma quelli che, oltre ad aver avuto buoni insegnanti, hanno lavorato e studiato con costanza e precisione.

La questione, però, non può solo concernere le eccellenze (sebbene debba riguardarle: un paese è tale soprattutto per loro). Il gran marasma di gente che scorre nel sistema scolastico e che, uscitone, dice «Al Liceo non ho imparato nulla» (cit.) è tale per due grandi ragioni: da una parte, è facile accusare la scuola della propria pigrizia adolescenziale («a 16 anni non posso perdere tutti i miei pomeriggi a studiare, devo vivere»); dall'altra, la situazione di certi studenti nasce dalla bassa caratura intellettuale, culturale e morale degli insegnanti italiani.

E, qui, torno al T.F.A. dell'inizio del 2013 donde sono partito. L'ho frequentato con gente che, in buona parte, era a me nota in àmbito universitario: dottori di ricerca, laureati con il massimo dei voti, attivi con pubblicazioni nella ricerca. La crème, insomma, quella che dovrebbe sostenere il peso – più di altri – della qualità nel sistema scolastico italiano.

Durante quei primi terribili sette mesi del 2013, tuttavia, ho assistito a fatti inquietanti: il T.F.A. si è trasformato in una schiera di trentenni che, come i sedicenni, passavano le loro serate a gozzovigliare, tanto da essere cacciati dai locali per ubriachezza, per poi lamentarsi il giorno dopo che fosse necessario studiare troppo per il corso di abilitazione all'insegnamento. Per ovviare a questo 'dramma', quale soluzione fu trovata? Far comunella con un Professore del corso, la cui moralità umana e caratura intellettuale è molto discutibile, sì da farsi passare le domande qualche giorno prima del test finale. Ci sono riusciti? Essendomi rifiutato, disgustato, di immischiarmi, non so e spero di no, ma in ogni caso è l'atteggiamento da solo che conduce alla condanna. Ma fosse solo questo, accidenti! Del resto, siamo in Italia, dove essere amico dell'amico conta... Quel che più mi ha sconvolto è leggere come queste persone scrivevano – e scivono – su facebook o via email, usando un italiano che dire scorretto è dir poco: sintassi traballante, consequenzialità fra frasi inesistente, abbreviazioni da cellulare degli inizi del 2000, accenti costantemente sbagliati (ahi, non parliamo dell'apostrofo!), periodi incomprensibili. Sui contenuti, stendiamo un velo pietosissimo.

Ho visto una grecista mettere la traduzione interlineare dei passi in greco citati nella sua tesi di tirocinio (imparateli, almeno!); 
Ho visto gente scriversi le risposte alle domande dei test sulle gambe; 
Ho visto tirocinanti presentarsi all'esame di abilitazione con i propri alunni, con i quali vi erano scambi di baci e abbracci; 
Ho visto insegnati andare a bere una birra con gli studenti e andare con loro per locali notturni, durante le gite; 
Ho visto insegnati desiderare l'amore degli studenti, perdendo quel ruolo di guida e rispetto che consente di essere giusti; 
Ho visto studenti bravissimi odiati, solo perché dotati di un po' di carattere; 
Ho visto consigli di classe in cui la figlia di Qualcuno aveva un trattamento di riguardo rispetto agli altri. 

E, oggi, continuo a vedere tutta questa gente 'rincorrere' ricorsi alla magistratura, invece di seguire la legge, come la nobiltà del lavoro di educatore dovrebbe suggerire. Ma questi vanno a destra e a manca, in un turbinio di avvocati per farsi inserire nel sistema scolastico con la forza, come se il lavoro di insegnante fosse un diritto, non una professione.

Tutto questo, senza reclamare l'unica sola cosa che, legittimamente, dovrebbero invocare: un concorso a cattedre serio, che selezioni chi di noi avrà l'onore di formare l'Italia che verrà, conoscendo le materie che insegna (senza doverle ripassare cinque minuti prima che la lezione inizi) e credendo nel ruolo morale e civile che un insegnante deve avere.

1 commento:

  1. Io ho semplicemente visto gente spendere l’intera sua vita al cospetto del sapere e del valore culturale e umano insito in lingua e letteratura, per poi ridursi a parlare di ‘niente’, sciacquarsi la bocca di molte parole e smentirle a fatti. Soprattutto, ho visto gente mostrare ben poca ‘umanità’, se non laddove essa poteva portargli, a tornaconto, l’elogio della propria persona o, peggio, la commiserazione. Che gli studenti vengano usati in questo gioco di ‘accaparramento allo stipendio’ o di ricerca disperata di quell’autostima che gli ex-secchioni non hanno mai avuto (un’autostima, a ben vedere, più estetica che di contenuto) è cosa ancor più spiacevole. In tutto questo, forse, l’esperienza ci permetterà di non aver più paura dei concorsi e di non dover più ripassare una lezione cinque minuti prima. Io non dimenticherò mai l’angoscia prima degli esami del TFA. Agli insegnanti che iniziano a insegnare basterebbe, per ora, l’impegno, l’onestà intellettuale, l’umiltà, il senso di Giustizia, la cura vera e sincera dei propri studenti, prima che di se stessi. Per il resto, speriamo di arrivarci, a essere ‘insegnanti’: ché anche questa cosa della ‘graduatorie’ ha dei meccanismi che tuttora mi sfuggono.

    Ma il tuo 2013 è stato davvero così brutto?

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