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giovedì 23 agosto 2012

«Non tutto il male vien per nuocere»

«Non tutto il male vien per nuocere», disse qualcuno. Non so se questo è vero, il male nuoce sempre, ma devo ammettere che, ogni tanto, il male diviene emozione, emozione vera.

Scena. Ore 17:30: «Merda, abbiamo sbagliato strada», dico un po' infuriato (con me, con lei, con i cartelli, con le rocce, con il caffè), dopo aver disceso un dislivello di 300 metri in un'oretta di passeggiata, quando già pregustavo l'ambita birra con le chips alla paprika. Mentre mi girano ad elica perché lei – poverina – si attarda fra le rocce e, piano piano, si arrabbia con me (fino ad esplodere come una menade), risaliamo il monte sino ad arrivare di nuovo in vetta. In vetta, proprio in vetta!)

Guardo il cellulaio.

«Cazzo, sono già le 18:00». Tra me e me penso a lei che cadrà rotolandosi fra le rocce, che si romperà una gamba a causa dell'oscurità, penso alla grigliata mista che ci attende o, meglio, che ci attendeva, perché sarà notte, quando arriveremo a casa, e non potrò accendere il fuoco.

"Perché non si muove, 'sta polentona? M'ha pure rotto la videocamera!" (Che è stata miracolosamente guarita, del resto).

E poi, giriamo l'angolo, e dietro un abete compare lui (o meglio lei, dato che c'è un piccolo vicino).


Ci guarda, ci osserva, e poi, placida, si rimette a mangiare: «non sono pericolosi 'sti due, lui col cappello di paglia, lei con lo zainetto rosa».

Come darle torto!

E, così, tutti i pensieri apocalittici svaniscono: la mia caviglia non s'è rotta (perché, poi, io son caduto, non lei), raggiungiamo la macchina non nell'oscurità e andiamo a mangiare in un ristorante che ci coccola, perché siamo stati – visibilmente – gli unici clienti della settimana.

Tracannando birra, ovviamente, perché eravamo disidratati (senza essere brilli, perché questa è un'altra storia, vero?!).

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