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venerdì 27 aprile 2012

Occhi tristi

Giorni fa mi hanno fatto un ritratto. Un ritratto come quelli che cercano di rifilarti a Place du Tertre, fra camerieri affaccendati e schizzi di colore che rendono quel luogo uno dei più belli del mondo. Il dono è stato celato da un giochino: «sfoglia il raccoglitore dei miei disegni, vediamo se ti riconosci». Mi sono riconosciuto, non vi preoccupate, il disegno era fedele e, forse, l'autrice, invece di studiare gli Uomini-Cane (sì, proprio così), farebbe meglio a fare ritratti per i Giapponesi a Montmartre.

 Parigi, Place du Tertre, febbraio-marzo 2005
La mia prima reazione al ritratto è stata di sconcerto: è stata la stessa di quando si ascolta la propria voce registrata. «Sì, sono io, ma c'è qualcosa che non va». Poi, commentando il disegno, ho esclamato, un po' indispettito: «mi hai fatto la faccia triste!». 

«Ma sei proprio così!»: questa è stata la risposta.

Sono giorni che penso a questo disegno, al fatto che il mondo percepisce il mio volto velato di tristezza. E ho pensato che, in effetti, sono mesi che non mi faccio una risata col cuore, che non godo molto della vita, afflitto da ricordi dolorosi e uno stato di perenne incertezza sul domani, che ogni tanto vomito alle persone più disparate, più variopinte, più impensate mesi fa.

E così ho scoperto che gli occhi delle persone che mi vogliono bene scrutano il mio cuore ben al di là della mia percezione, vedendo stati d'animo che non riesco a cogliere, quando la mattina mi guardo allo specchio per vedere se sono pettinato (!), se ho la bottega aperta, se sono abbinato o se c'è qualcosa che non va. 

Gli occhi del cuore sono i migliori indagatori.

E mi chiedo se quegli occhi tristi siano tipici del mio carattere ombroso o di un momento durato troppo a lungo. Forse è vero quello che dicevo la settimana scorsa al corso d'inglese: «la fortuna nella vita è una leggenda, è come il detto 'il prato del vicino è sempre più verde'. Quando lo guardi, vedi solo le sue rose rigogliose e le tue appassite, ma non noti mai che i tuoi gerani (o la tua salvia!) sono nettamente più rigogliosi e fioriti». Donde gli occhi tristi.


E, quindi, vorrei cogliere il mio girasole più bello, farne dono, e scoprire, al prossimo ritratto, un volto toccato d'allegria.


Il mio dono più grande.

1 commento:

  1. è che l'autrice andava un po' a memoria e, si sa, i volti sono la cosa più difficile da ricordare (maledette le foto che si sovrappongono alle immagini del cuore!). Si ricordava prevalentemente di quello. Ecco tutto.

    Eppure, se ci pensa bene, lo sa quanto sono belli quegli occhioni blu, quando ridono. Solo vorrebbe vederli più spesso, per ricordarli meglio, quando li disegna. Per imprimerli ben bene in testa o vederne i sorrisi sulla bianca faccia della luna. Perché la luna non è mica bella con quell'aggeggio conficcato nell'occhio, come in Hugo Cabret.

    Quest'immagine, sì, sarebbe il dono più grande.

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