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lunedì 26 dicembre 2011

La mancata comprensione

Mi è capitato di recente di seguire una messa. Qualcuno dirà «e chi se ne frega», ma per me è una sorta di novità, come una gita turistica. Spiego. Ho partecipato, ormai in quasi 33 anni di vita, a 5 funzioni religiose, 2 funerali e 3 matrimoni. L'ultima, che risale ormai a una settimana fa, era un matrimonio, ma un matrimonio particolare, perché celebrato di domenica. Questa strana circostanza – strana nel senso che è raro che uno sposalizio avvenga nel «giorno del signore» – ha significato una cosa importante per me, ossia che ho seguito per la prima volta una messa vera e propria.

È difficile esprime adeguatamente cosa ho provato, direi che la parola più adeguata sarebbe vacuità. Interminabili minuti di parole che a me sono parse vane, prime di attinenza con la realtà e risibili, se non fossero state pronunciate davanti a persone che a queste parole credevano. Una persona che della tendre guerre (sentitevi Brel, per favore!) non sa un tubo spiegava a una giovane coppia (se a 26 anni si è giovani, per dio!) come stare insieme. Come stare insieme in modo corretto, ossia sancendo con dio un legame sacrale, divenendo martiri (nel senso di 'testimoni') di Cristo.

E mi veniva da pensare all'accusa mossami qualche mese fa di non essere spirituale. I cristiani – molti, non tutti, certo! – si vestono di belle parole, si danno la mano in segno di pace, parlano di fedeltà (quante volte è stata ripetuta questa parola!), di amore, rispetto, compassione, simpatia ed empatia. Di sacralità nella via a due. Parlano tanto, sì, ma un ateo guarda questo con sommo sospetto, perché il non credente, quando si impegna, impegna se stesso, non dio né la comunità.

Ricordate il voto di Lucia nei Promessi Sposi? Da grande romanziere che è, Manzoni coglie una caratteristica tipica del cristiano del sud Europa: le parole non hanno vero senso, possono essere interpretate, dette e rimangiate. Sì, dirò a messa di amare il prossimo, ma poi disdegno chi non crede come me, faccio l'elemosina selettiva (solo a chi lo merita...) e, magari, non pago le tasse. Amo i poveri, ma spendo 20 mila euro (o più) per una giornata da fiaba dal «c'era una volta...». Uno schiaffo vero alla miseria!

Io non credo nell'elemosina, non dico ogni trenta secondi «ti amo», né proclamo costantemente la Verità e la mia profondità. Odio i proclami pubblici, ma il lavoro certosino del giorno per giorno. Sorrido, quando un prete dice «non avete scelto di accelerare i tempi, ma di passare prima davanti a Cristo, con la coscienza che solo così l'unione è Giusta»; sì, sorrido, perché parla chi non sa. Due persone si uniscono conoscendosi con il passare dei minuti, dei giorni, dei mesi, degli anni. Il sesso, il grande innominato di queste cerimonie, è un passo, non il Passo, perché per dire «per sempre» c'è bisogno dell'unione di due anime che si conoscono nell'intimità fisica e morale.

Cosa c'entra Gesù in tutto questo? Niente. Si può essere «per sempre» pur non essendo credenti. Anzi, a volte ho il sospetto che proprio noi atei possiamo esserlo di più, perché, spesso, basta un bacio vero, nel chiuso di una stanza, per impegnarci. E la parola umana non è insondabile ed interpretabile. Non è mai vana. S'io dovessi rimangiarla, non potrei dire che, in fondo, non c'era verità in essa, perché dio non poteva aver sancito ciò che non era. S'io rimangiassi la parola data, beh, sarei il solo colpevole, non stornerei da me la colpa. Me ne assumerei, al limite, la responsabilità.

E, infatti, questa benedetta parola non me la sono mai rimangiata, pur non condendola mai di vane parole. Per questo, ormai, timeo Christianos et dona ferentis.

4 commenti:

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  2. Tutte le parole che riguardano concetti astratti e non direttamente percepibili possono sembrare vane e persino risibili. Anche un «ti amo» può apparire tale, se non lo si ritiene sincero. Tutto dipende dal contenuto che diamo NOI alle parole e, soprattutto, da quanta fiducia abbiamo in chi le pronuncia e le tira in ballo.
    Al di là di Dio e della fede, si può benissimo pensare che chi dice 'Amore' menta, agli altri e a se stesso, che chi dice 'Gustizia' non sia che un furbo demagogo, che chi dice 'Bontà' sia piuttosto un buonista o un ipocrita e che chi dice «Mi unisco a te ANCHE, e non solo, in Dio, perché Dio è la cosa più grande che abbiamo in comune» sia un folle irrazionale.
    Forse, c'è chi ci crede davvero a queste cose, senza per questo sminuire il valore di un bacio, senza per questo perdere contatto con la realtà, con la vita di tutti i giorni, i problemi, le promesse fatte con gli sguardi e, perché no, anche col sesso.
    Il sospetto, principalmente, svuota le parole.

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  3. Non sono io ad aver colto una contraddizione fra un vestito da 2000 euro e una cerimonia sulla misericordia di dio...

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  4. Ma la contraddizione dei singoli non lede il valore di determinate parole, se al di là di esse si ritiene vi sia effettivamente qualcosa. Non l'ho comprato io, quel vestito.

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